Pur sospettose le une delle altre, si prepararono alla sfida canonica con evangelica modestia. Vinse Maria, la più morigerata. Ciò che colpì­ la giuria fu proprio l’attitudine poco avvezza ad abbellimenti celebrativi della partecipante nazarena. Da sottolineare l’insospettata sobrietà di Gioacchino ed Anna, genitori della vincitrice, nell’apprendere della celestiale vittoria di Maria. “Che Dio se la prenda!” era solito dire Gioacchino riferendosi ad una figlia che fino a quel momento non aveva dimostrato nulla se non un’innata indolenza. Le sue preghiere trovarono così risposta.
A voler essere prolissi, si potrebbe anche riferire della felicità dimostrata da Gioacchino quella sera alla locanda (la qual cosa sembrerebbe confutare quanto detto poc’anzi sulla sobria reazione del nostro stimatissimo, ma scrivo per sentito dire). Uomo dallo spirito sognatore, facilmente ammaliato dal potere, offrì­ da bere a tutti urlando:
“Dio se l’é presa davvero stavolta!”
Beveva e fantasticava sulle sovrannaturali qualità del futuro nipote con fin troppa virulenza, cosa che rivelava un’insofferenza latente per la propria realtà di miseria:
“Chissà che bel nipote che mi verrà fuori! Bello, alto e maschio!…Con cotanto padre, mi camperà cent’anni!”
“Cent’anni, cent’anni!” urlavano gli amici della locanda che, a miseria ed insoddisfazione, non eran certo da meno al nostro fortunatissimo.
“E chi se prennerá cura de Maria ‘na vorta ‘nseminata?”
Il quesito cadde sulla felicità dei locandieri con la grazia di un masso su un prato di margherite. La spensieratezza lasciò il passo all’incertezza e allo sdegno, che si insinuarono tra gli uomini generando un mistico silenzio. Tutti aspettavano la reazione del nostro fortunatissimo, e Gioacchino ripagò dell’attesa. Si drizzò in piedi e si diresse verso la zona della locanda da cui era arrivata la voce.
“Chi ha parlato? Chi é l’artefice di cotanta spregevolezza?”
“So’ io” disse decisa la voce, mentre Gioacchino cercava ancora d’identificarne il volto.
“…ao, sto qua.”
Un uomo fece un cenno disinvolto e beffardo, e Gioacchino gli si avvicinò.
“E tu chi sei?”
“Mi chiamo Domiziano e so’ de Roma.”
“Solo un romano poteva essere così vile. La mia Maria ha vinto, é stata scelta da Dio e Dio fa sempre la cosa giusta. Lui l’ha scelta e se ne prenderà cura”
“Sei sicuro eh?”
Gioacchino non rispose e Domiziano infierì.
“A me me sa che questo te la ‘nforna e basta. Poi saranno cazzi tua o de chi se la pia”
“Vile! Indegno! Ignobile! Siete tutti uguali voi romani pagani. Credete d’aver scoperto il paradiso in terra con i vostri palazzi, i vostri giochi e i vostri sesterzi! Credete d’aver trovato le chiavi dell’amore, ma l’amore appartiene solamente a Dio! Noi possiamo solo sperare nella sua misericordia e nella sua bontà affinché ci illumini e ci protegga con il suo amore!”
“E questo chi te l’ha raccontato?”
“Dio stesso! Lui conosce la Verità!”
“Ma te l’ha raccontato lui in persona? Cioè, l’hai visto co l’occhi tua mentre te lo raccontava?”
“Non c’é bisogno di vederlo. Dio ha detto la Verità che é raccolta nei Testi Sacri. Quelli si, li puoi leggere in ogni dove. Dio ha la Verità, Dio ha il Verbo!”
“Si mo’ se chiama Verbo! All’epoca mia se chiamava voja de scopá!”
Domiziano bevve un po’ di vino e poi, tra sé e sé: “Li danni de ‘sti cazzo de monoteisti…”
Il silenzio della locanda da sdegnato si fece timoroso, Gioacchino rimase immobile, confuso. Domiziano stava mettendo in luce il più nascosto dei dubbi, quello che nessuno ebbe mai il coraggio di porsi perché avrebbe messo in pericolo la possibilità del credere. E credere, si sa, é l’unica via d’uscita che l’uomo conosce dalle sofferenze dell’esistenza.
Domiziano bevve l’ultimo sorso di vino, si alzò e si diresse verso la porta.
“Fatte di ‘na cosa sull’amore, Gioacchí. L’unica cosa che te serve pe’ l’amore so questi”, prese dalla tasca due sesterzi.
“L’amore é un sentimento sopravvalutato, é una delle tante storie che se semo raccontati. Ma in fin dei conti tutte le strade portano a Roma, l’unica realtà der monno. E Roma é fatta de questi, solo de questi.”
Mostrò ancora le due monete ad una locanda silenziosa, poi le lanciò sul bancone e uscì.

In un angolo, mesto e silente, se ne stava un giovane barbuto. Occhi gonfi e rossi di lacrime, della segatura sulla sua veste. Tra le mani, secche e coperte da una fuliggine biancastra, teneva un pezzetto di stoffa azzurra. Lui si, lui sapeva veramente cos’era l’amore.

(Foto: illustrazione da Heures de Louis de Laval, 1470-1485)